lunedì 1 agosto 2022

RE BIANCO, recensione che passione, Simona Trunzo

                   RE BIANCO
Come in ogni inizio di lettura il primo sguardo va al titolo: “Re bianco”, un titolo, questo che apparentemente non dà indicazioni a ciò che introduce, ma dopo una breve riflessione, pensando al significato della stessa parola re: “capo legittimo e riconosciuto di un stato retto a monarchie: re assoluto…” si potrebbe supporre ad un protagonista assoluto; ma perché bianco? Il colore bianco rappresenta purezza, pace, purificazione. Sarà così? O potrebbe indicare, per altri, la figura del re bianco degli scacchi. Scoprire dove conduce l’indizio del titolo Re bianco di Juan Gómez-Jurado edito da Fazi Editore, è un input ad inoltrarsi nella lettura del giallo, che ci catapulta subito in una scena poliziesca.
“La mente di Antonia è piuttosto come una giungla piena di scimmie, che saltano a tutta velocità, da una liana all’altra portando cose. Molte cose e molte scimmie, che si incrociano in aria e si mostrano i denti. Ma ora Antonia ha imparato a domarle.”
Il narratore descrive accuratamente ogni dettaglio di situazioni e personaggi, quasi a far rivivere in un mondo tridimensionale ciò che accade. La descrizione di una mente, al suo interno animata e paragonata alla vita nella giungla delle scimmiette ne è un esempio lampante: introduce e/o presenta la psiche e la vita di Antonia, ispettore di polizia. Una sceneggiatura ben pianificata che apre il sipario con la descrizione di una fase conclusiva, che si riapre a ritroso nel tempo, coinvolgendo il lettore nelle indagini, o presunte tali, a tal punto da sentirsi protagonisti dei fatti.
E poi riflessioni che descrivono uno spaccato sociale moderno (o quasi), sicuramente molto attuale, che discostano in modo sfumato dagli avvenimenti centrali dell’indagine, in uno scenario che fa parte comunque dei fatti. “Tre coppie che fingono di prestarsi attenzione mentre guardano Instangram, due hipster che si atteggiano come se stessero scrivendo un romanzo sui loro MacBook, un assassino psicopatico. L’ultimo è facile da riconoscere è l’unico che, invece di un dispositivo elettronico, ha in mano un libro di carta.”
Una sceneggiatura in perfetta sincronia con i fatti ed il tempo che scorre e che introduce, come avviene al ballo delle debuttanti, al grande incontro tra Antonia e Re Bianco: il via alla sfida delle due parti; una rete di ricatti, indizi, astuzia, intuizione e dissacrante violenza.
Ma la differenza è determinata dal “movente”, l’impulso che guiderà gli uni e, diversamente altri: “Tutti saremmo capaci di fare qualsiasi cosa, anche le cose più orribili per amore. … L’amore è la cosa più potente che c’è.” Questa riflessione sulla forza infinita del movente dell’amore, che si scontra con il male, sino ad assumerne la sua stessa forma: una lotta infima, senza scrupoli e senza regole, che chiunque potrebbe essere costretto a vivere, anche l’essere più sensibile e tranquillo; pronto a trasformarsi in guerriero feroce, pronto a tutto, perché l’amore è una forza motrice incontrollabile ed infinita. Una sfida a scacchi in cui le pedine rappresentano da una parte il bene e dall’altra il male; in cui gli sfidanti si studiano a punto tale da sapere tutto l’uno dell’altro e, nell’avvicendarsi in questa lotta, il bene può assumere forme avverse ed il male forme effimere di bene.
Così come si intrecciano verità e giustizia, perché “La giustizia non è soddisfazione, è la verità in movimento. “Movimento”, parola centrale della narrazione, che accompagna i protagonisti nella descrizione dettagliata dei loro corpi in azione, il movimento incessante del pensiero e le emozioni che “sono cambiamenti che preparano l’individuo all’azione: un incalzante evolversi dei fatti, dei personaggi, dei loro pensieri, della loro psiche e delle loro emozioni.
Proprio come in una sfida a scacchi, dove l’azione del pensiero e della strategia nell’anticipare le mosse dell’avversario, si alternano in un avvicendarsi di mosse; ma soprattutto, come viene evidenziato nel corso della lettura: “La regina è la figura più potente sulla scacchiera” dice lui “ma per quanto potente sia un pezzo degli scacchi non deve dimenticare…” “che c’è sempre una mano che la muove”; quindi una mente razionale che determina le mosse per condurre il gioco a proprio favore.
Leggere questo giallo perché: la narrazione mantiene alta l’attenzione del lettore, con una capacità esplicita di mettere a nudo i personaggi un po' alla volta, aumentando l’enfasi, da un livello all’altro, che porteranno alla soluzione del “gioco”, in modo intrigante e perspicace. Interessante perché nella distinzione tra male e bene, giusto o sbagliato, onesto o corrotto, si intercetta una zona d’ombra che traccia tutti.
Simona Trunzo

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