lunedì 18 luglio 2022

"Crescita selvaggia " recensione ché passione, Simona Trunzo

 

“Crescita selvaggia” di Sheng Keyi

"Crescita selvaggia" di Sheng Keyi

Immergersi e confrontarsi in nuove letture, un viaggio in cui si può diventare protagonisti passivi e, perché no, emotivamente attivi. In questo caso particolare, il titolo, indirizza la curiosità del lettore verso l’idea di famiglia e di crescita efferata e feroce, orientando in una precisa narra. In effetti la prima cosa che si palesa ad inizio lettura è un grafico, o meglio, l’albero genealogico della famiglia: nonno/nonna-padre/madre, figli nipoti, ovvero i principali protagonisti.

«La nostra famiglia era priva della capacità di consolare gli altri, ciascuno gestiva le proprie emozioni in solitudine, ma effettivamente nessuno aveva mai perso il controllo. La luce in un mondo di menzogna non è che il neon di un obitorio.»

Questo il fulcro di ciò che sarà snocciolato: emozióni represse e nascoste dall’incapacità e l’impossibilità di esternarle, in una famiglia che vive di stenti, in una società maschilista in cui la donna non ha libertà di genere, dove tutti sono uguali solo nel non perdere il controllo delle loro frustrazioni, dolori, speranze, gioie e amori; in un mondo di menzogna preludio della morte emotiva. La narratrice ci presenta subito la sua antenata, la nonna di cui ha memoria solo grazie la fotografia appesa alla parete, introducendoci ai dissapori tra il nonno e il padre, che con il passare del tempo sono diventati sempre più aspri e cruenti, un’intolleranza reciproca, che segnerà I destini futuri, causata dalla precedente vita del nonno cresciuto in ricchezza e benessere, di cui non ha saputo lasciare niente in eredità al figlio, a causa del vizio del gioco. L’unica eredità che il nonno tramanderà alla nipote:

«una buona calligrafia, che consente di coltivare la nobiltà d’animo.»

Contrasti generazionale e socioculturali

Così si accede ad un racconto parallelo ed incrociato dei protagonisti della famiglia, in un contrasto e confronto generazionale che ne mette a nudo ogni aspetto, incastonato in una società che ben ne rappresenta il passaggio storico,politico e sociale e l’evolversi dei tempi. Uno dei passaggi fondamentali che segnerà I destini di questa famiglia è rappresentata dai tumulti a Pechino e le manifestazioni universitarie, che evidenzierà la netta spaccatura sociale tra ricchi e poveri, colti e nón; il ruolo dell’esercito e delle figure militari e la loro influenza, non sempre ben gestita; l’importanza della libertà di stampa e il valore aggiunto dell’Università, non solo come un percorso di studi fine a sé stesso, ma come un’opportunità. Un’opportunità intesa come via di fuga dalla miseria e dalla costrizione; un miglioramento culturale ed economico, quindi di riscatto sociale, dove non sei più “il figlio di “, ma una persona con una propria identità personale, che ti contraddistingua dagli altri. Ma anche la più aspirata delle figure professionali cela il suo lato oscuro:”È a fare i giornalisti che si scopre quanto sia storta la società. ” un continuo contrasto e opposizioni di personaggi forti e deboli, colti ed ignoranti, ricchi e poveri, affiancata dalla scelta linguistica della scrittrice, a tratti semplice-raffinata-poetica, che va a contrastare violentemente ed improvvisamente, con dialoghi e descrizioni rudi-volgari, quasi inaspettati, che infastidiscono e, nel contempo fanno arrivare il messaggio crudo e duro così come la realtà che rappresentano. In questo gioco di alternanza, l’autrice racconta ogni personaggio nei capitoli a loro dedicati in cui si avvicendano, scatenando un racconto nel racconto, per quanto ne vengano evidenziate le peculiarità emotive e caratteriali, identità singole e autonome, unite da quel sottile legame di sangue che è l’unico fil rouge che li unisce in un effimero senso di appartenenza.

«Mia madre era una quercia ed io un fuscello che cresceva appoggiata ad essa»

Questa frase è anticipata da una descrizione di mamma dall’istinto selvaggio e felino, di una donna annientata e spenta dalle avversità della vita; ma nonostante ciò la protagonista è riuscita a costruire col passare degli anni, un rapporto indecifrabile e silenzioso, e così per lei la madre, la persona che più ama al mondo, è il suo punto di forza e sostegno, così come il legame del ramoscello alla quercia, che sono inevitabilmente interdipendenti l’una all’altra. E così si evincerà che, anche da un rapporto affettivo e d’amore come quello tra madre e figlia, vi è un lato oscuro. Lo stesso lato oscuro che accomuna, senza distinzione, ricchi e poveri: sconfitti e uniti da un malessere simbiotico. Lo stesso lato oscuro intrinseco nelle istituzioni che emerge durante la narrazione quando ci scontriamo con frasi del tempo tipo:” Meglio un fiume di sangue che un figlio di troppo!”, riferito alla pianificazione delle nascite. Ogni personaggio avrà una sua evoluzione, inizio e fine, tutto sarà correlato da casualità, scelte, condizioni, incontri, malessere e volontà al cambiamento.

Perché leggerlo: l’autrice attraverso la voce narrante della protagonista, ci guiderà in una rappresentazione di verità sociale in modo semplice e diretto. Ogni lettore si può rapportare e identificare in uno o più, perché al di là del paese e della Nazione, ciò che è sempre comune è l’animo umano e il valore di appartenenza, le radici e il ruolo della famiglia, che in primis,segna ognuno di noi.

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